domenica 17 gennaio 2010

TAR LOMBARDIA - CONDANNATA L’AMMINISTRAZIONE CHE NON CONSENTE L’ACCESSO AGLI ATTI ENTRO I 30GG.

T.A.R. Lombardia–Milano – Sez. III - Sentenza 27 marzo 2009, n. 2037 REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANOTRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA MILANO SEZIONE III Registro Sentenze: /2009Registro Generale: 505/2009nelle persone dei Signori:
ha pronunciato la seguente SENTENZAnella Camera di Consiglio del 19 Marzo 2009 Visto il ricorso 505/2009 proposto da: @@@@@@@ @@@@@@@ rappresentato e difeso da:con domicilio eletto in --- presso-controCOMANDO GENERALE ARMA DEI CARABINIERI rappresentato e difeso da:AVVOCATURA DISTR. DELLO STATO con domicilio in MILANO VIA FREGUGLIA, 1 presso la sua sede;avverso il diniego tacitoai sensi dell’art. 25 comma 4 della Legge 7 agosto 1990 n. 241, formatosi sulla domanda di accesso agli atti del procedimento amministrativo ex art. 75 d.P.R. 545/86 presentata il 12 gennaio 2009;Visti gli atti e i documenti depositati con il ricorso; Visto l'atto di costituzione in giudizio di:COMANDO GENERALE ARMA DEI CARABINIERI Udito il relatore Ref. - e uditi altresì i procuratori delle parti presenti come da verbale;Considerato in fatto e in diritto quanto segue:FATTO e DIRITTOIl ricorrente è un sottufficiale dell’Arma dei carabinieri. In data 12 gennaio 2009 presentava domanda di accesso agli atti all’amministrazione resistente al fine di conseguire visione e copia della documentazione afferente ad un procedimento in corso, volto alla cancellazione degli effetti delle sanzioni di corpo da egli riportate.Non ottenendo risposta nel termine di trenta giorni di cui all’art. 25, comma 4, della legge n. 241/90, ha depositato ricorso innanzi a questo Tribunale, affinché l’amministrazione venisse condannata al rilascio della documentazione richiesta.In prossimità della Camera di Consiglio, l’autorità amministrativa ha depositato in giudizio una relazione, nella quale si dichiara che all’istanza del ricorrente è stato dato positivo riscontro con nota del 13 marzo 2009, e che allo stesso è stato quindi assentito l’accesso alla documentazione di interesse.Nella Camera di Consiglio del 19 marzo 2009, il procuratore del ricorrente ha confermato quanto sopra.Il Collegio deve quindi dichiarare, ai sensi dell’art. 27, comma 7, della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, la cessazione della materia del contendere, avendo l’amministrazione adottato un provvedimento integralmente sattisfattivo delle istanze del ricorrente.Per ciò che concerne le spese di giudizio, occorre osservare che il dies a quo dal quale decorre il termine di trenta giorni, di cui al succitato art. 25 della legge 7 agosto 1990 n. 241, concesso alla pubblica amministrazione per riscontrare le istanze di accesso agli atti, decorre dal momento in cui tali istanze sono depositate presso le amministrazioni, e non già dal momento successivo in cui queste vengono materialmente diramate presso gli uffici competenti; giacché, in caso contrario, il termine potrebbe essere illimitatamente dilatato a seconda dei tempi in cui le varie articolazioni amministrative si scambiano le comunicazioni interne.L’interessato ha depositato in giudizio copia della sua domanda di accesso agli atti sulla quale è apposto il timbro di ricezione della stessa, da parte del 3^ Battaglione Carabinieri Lombardia, recante la data del 12 gennaio 2009: è da tale momento dunque che è iniziato a decorrere il termine per il riscontro alla predetta istanza; mentre a nulla può valere il fatto il 3^ Battaglione Carabinieri abbia trasmesso l’istanza stessa alla Direzione Generale per il Personale Militare il giorno 20 febbraio 2009.L’amministrazione, come visto, ha risposto solo in data 13 marzo 2009, ben dopo la scadenza del termine previsto dalla legge, costringendo quindi l’interessato a proporre il presente ricorso.Le spese di giudizio debbono pertanto essere poste a suo carico.P.Q.M.Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sez. III, definitivamente pronunciando, dichiara cessata la materia del contendere.Condanna l’amministrazione a rifondere le spese di giudizio, che liquida in € 1.000,00 oltre IVA e C.P.A. se dovute.Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.Così deciso in Milano, nella Camera di Consiglio del 19 marzo 2009, con l'intervento dei magistrati: N.R.G. «505/09 »
http://www.ficiesse.it/news.php?id=3634

giovedì 14 gennaio 2010

VA RISARCITO IL LAVORATORE CHE ACQUISTA A SUE SPESE GLI ABITI DA LAVORO


La fornitura al personale dipendente della divisa da indossare durante il servizio, infatti, consiste in una prestazione datoriale di natura retributiva. In caso di inadempimento all'obbligo contrattualmente assunto, quindi, l'azienda deve risarcire(Cassazione, Sezione lavoro, sentenza n. 26234/09; depositata il 15 dicembre)

Svolgimento del processo - Con sentenza depositata il 25 agosto 2005, la Corte d'appello di Roma, in parziale riforma della sentenza in data 16 gennaio 2003 del Tribunale della medesima città (che aveva respinto integralmente le domande), ha condannato la MET.RO s.p.a. (già Metroferro s.p.a., già Cotral s.p.a.) a pagare al suo dipendente impiegato F. A. la somma di Euro 826,33, oltre accessori di legge, a titolo di corrispettivo dei capi di vestiario annualmente dovuti dalla società - in base agli accordi sindacali del 9 giugno 1972, del 1 marzo 1990 e del 1 giugno 1990 - e non consegnati, come richiesto dal dipendente relativamente al periodo dal 1983 al 1999. In proposito, la Corte territoriale ha dichiarato di condividere la qualificazione operata da questa Corte con la sentenza n. 9154 del 1998, relativamente alla natura retributiva della prestazione prevista dagli accordi citati (consistente nella fornitura, ogni anno, al personale dipendente di vestiario da indossare durante il servizio) con conseguente diritto al risarcimento del danno in caso di inadempimento. Inadempimento che la Corte ha accertato nel comportamento della società, ritenendo non fondata la tesi difensiva di questa secondo la quale la mancata consegna del vestiario sarebbe dipesa dal mancato ritiro degli stessi da parte degli interessati nei termini stabiliti, ma limitando la misura del risarcimento a quella richiesta in via subordinata (che teneva conto dell'accordo transattivo del 1 giugno 1990 relativamente al periodo pregresso dal 1983 a tutto l'anno 1990), "depurata della eccepita prescrizione, dovendo ritenersi peraltro fondata la prospettazione del COTRAL secondo cui il danno subito non può consistere sic et sempliciter nel controvalore dei capi di vestiario in questione, per l'acquisto dei quali era peraltro prevista una partecipazione alla spesa anche da parte dei lavoratori". Avverso tale sentenza propone ora ricorso per cassazione F. A., con un unico articolato motivo.Resiste alla domanda di annullamento della sentenza la METRO s.p.a. con rituale controricorso.
Motivi della decisione
Col ricorso F.A. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2943 e 2948 cod. civ., del R.D. 8 gennaio 1931, n. 148, art. 10, all. A) come modificato dalla L. 24 luglio 1957, n. 633 nonchè l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata. Nell'accogliere (parzialmente, secondo il dispositivo della sentenza impugnata) l'eccezione di prescrizione, la Corte territoriale avrebbe infatti omesso di considerare, accogliendo la domanda subordinata, che alla stregua dell'accordo del 1 giugno 1990, in atti, ad essa relativo, gli accordi del 9 luglio 1972 e del 1 marzo 1990 erano stati parzialmente derogati con la previsione di una distribuzione di vestiario ridotta, "a sanatoria delle spettanze pregresse fino a tutto l'anno 1990". Pertanto, data la natura transattiva e novativa dell'accordo, la eccezione di prescrizione (decennale, secondo il ricorrente, trattandosi di violazione di obblighi contrattuali) era da ritenersi infondata, decorrendo la prescrizione dal 1 giugno 1990 ed essendo stata interrotta, come risultante dagli atti, con le domande del 22 aprile 1991, del 20 dicembre 1995 e del 9 agosto 2000, essendo poi stato il ricorso introduttivo del giudizio notificato in data 21 giugno 2001. Infine, secondo il ricorrente, non sarebbe comprensibile l'iter logico seguito per pervenire alla ridotta somma di Euro 826,33 rispetto a quella, pur richiesta in via subordinata, di Euro 3.150,39, dato che mancherebbe l'indicazione del periodo temporale al quale si riferisce il risarcimento e dei criteri seguiti per la sua determinazione. Il ricorrente conclude pertanto con la richiesta di annullamento della sentenza impugnata, con ogni conseguenza di legge. Il ricorso è infondato.Va subito rilevato che il ricorrente, in applicazione della regola della autosufficienza del ricorso per cassazione (su cui cfr., da ultimo, Cass. nn. 5043/09, 4823/09 e 338/09), avrebbe dovuto dedurre di avere tempestivamente contrastato, con le deduzioni in fatto e in diritto oggi prospettate, l'eccezione di prescrizione quinquennale proposta dalla società in primo grado e di avere ritualmente rinnovato in appello la relativa difesa. In difetto, tale difese devono ritenersi tardive e non possono pertanto trovare ingresso in questa sede di legittimità. Quanto alla deduzione di incomprensibilità della decisione, una volta accolta l'eccezione di prescrizione quinquennale, i giudici di appello hanno liquidato l'importo relativo agli ultimi cinque anni dalla proposizione del ricorso, avvenuta nel maggio-giugno 2001, partendo quindi dall'anno 1996 e fino all'anno 1999 (data finale della domanda), seguendo i criteri enunciati nello stesso ricorso introduttivo e ora indicati nel ricorso per cassazione, vale a dire moltiplicando il valore di L. 500.000 attribuito dal F. al vestito annualmente dovuto per i quattro anni dal 1996 al 1999 ritenuti non prescritti e depurando il risultato del 20% (rappresentante la percentuale del costo del vestito posta a carico del lavoratore), come in realtà già operato nel ricorso introduttivo del giudizio (per cui appare superflua la considerazione della Corte laddove dichiara di accogliere in proposito la prospettazione della società) e ripreso in termini complessivi nelle conclusioni assunte in appello e riportate in sentenza. Il risultato, di L. 1.600.000 corrisponde infatti agli Euro 826,33 liquidati nella sentenza di condanna. Sebbene con una motivazione estremamente sintetica, la sentenza contiene pertanto tutti gli elementi per poter comprendere il corretto iter logico seguito nelle determinazione del quantum liquidato. Il ricorso va pertanto respinto. L'esposizione e le argomentazioni che precedono sostengono la decisione di compensare integralmente tra le parti le spese di questo giudizio.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, compensando integralmente tra le parti le spese di questo giudizio.
Così deciso in Roma, il 11 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2009

martedì 12 gennaio 2010

COSTITUISCE DANNO ERARIALE L’UTILIZZO IMPROPRIO DELLE AUTO DI SERVIZIO

COSTITUISCE DANNO ERARIALE L’UTILIZZO IMPROPRIO DELLE AUTO DI SERVIZIO E DEGLI AUTISTI DELL’AMMINISTRAZIONE (Corte dei Conti)
N°497/20009 REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANOLA CORTE DEI CONTISEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE TOSCANA
composta dai seguenti magistrati:-ha emesso la seguente
SENTENZA
sul giudizio di responsabilità, iscritto al n.- del registro di Segreteria, promosso ad istanza del Procuratore Regionale nei confronti del Dr. @@@@@@@ @@@@@@@, nato ---, rappresentato e difeso dall’Avv.-- legale patrocinante elettivamente domiciliato in Firenze presso la Segreteria di questa Corte, Visto l'atto di citazione del Sostituto Procuratore Generale -datato 22 dicembre 2008;Udite, nella pubblica udienza del 27 maggio 2009, la relazione del consigliere -Esaminati gli atti e i documenti tutti della causa;Ritenuto in
FATTO
Con atto di citazione del 22 dicembre 2008 la Procura regionale presso questa Sezione ha convenuto in giudizio il dr.@@@@@@@ @@@@@@@ per sentirlo condannare al pagamento in favore del Ministero dell’Interno della complessiva somma di €. 26.900,00 (o di quella diversa ritenuta congrua dal Collegio) oltre a rivalutazione monetaria fino alla data della condanna, interessi legali da tale data al soddisfo e spese di giudizio.Detto importo, secondo la tesi di parte attrice, costituirebbe danno erariale sotto il profilo di danno patrimoniale in senso stretto (€. 1.900,00) e di danno all’immagine (€.25.000,00) patito dalla suddetta Amministrazione statale.I fatti storici, in parte contestati dalla parte convenuta, indicano che con sentenza del 16 giugno 2008 la Corte di Appello di Firenze, II Sezione Penale, in parziale riforma della sentenza n.358 datata 11 aprile 2007 del Tribunale di Livorno ha dichiarato il convenuto colpevole dei reati a lui ascritti di cui capi A) ed E) dell’imputazione (ciò in conferma della sentenza di prime cure) ed F) (ciò in parziale riforma della sentenza di prime cure e in accoglimento dell’appello del PM) ed ha condannato il medesimo alla pena di mesi nove di reclusione confermando nel resto la sentenza impugnata (ivi incluso l’irrogata sanzione accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni uno).I capi di imputazione per i quali il @@@@@@@ è stato riconosciuto colpevole risultano così formulati nella richiesta di rinvio a giudizio emessa il 06 maggio 2004 dal Procuratore della Repubblica di Livorno: “…dei reati di cui agli artt.81 cpv, 110, 314 1 e 2 co. C.p. perché … si appropriava[no] delle autovetture del Ministero dell’Interno assegnate alla Questura di Livorno ed in uso alla Prefettura di Livorno e delle prestazioni lavorative del personale della Polizia di Stato preposto alla guida delle stesse … utilizzando autovetture e personale per scopi estranei ai compiti di istituto ed in molteplici occasioni fuori dal territorio provinciale di propria competenza, in particolare:a) il @@@@@@@ disponendo o comunque consentendo che persona estranea all’amministrazione (la moglie) fosse abitualmente trasportata con l’autovettura Lancia K tg -- e l’autovettura Alfa Romeo 166 tg ---- risultando effettuati tra l’altro viaggi a Montecatini terme (provincia di Pistoia) nei seguenti giorni: 11.1.2002, 12.1.2002, 03.02.2002, 09.03.2003, 18.5.2002, 22.05.2002, 11.06.2002, 14.06.2002, 17.06.2002, 21.06.2002, 24.06.2002, 27.06.2002, 17.07.2002, 21.07.2002, 09.10.2002, 05.12.2002, 23.12.2002., 11.01.2003, 18.01.2003, 23.05.2003, 08.06.2003, 21.06.2003, 25.09.2003;- omissis –e) il @@@@@@@ disponendo o comunque consentendo l’utilizzo dell’autovettura di servizio in dotazione alla Viceprefettura dell’Isola d’Elba e dell’autista @@@@@@@ @@@@@@@ per l’abituale accompagnamento di persone estranee all’amministrazione (tra cui la moglie e la cognata, che veniva accompagnata in tre occasioni da e per la stazione ferroviaria di Follonica) e per scopi estranei al servizio;f) il @@@@@@@ disponendo o comunque consentendo l’impiego di personale in servizio presso l’UTG di Livorno – in particolare dell’addetto alla manutenzione @@@@@@@ @@@@@@@ – per lavori di rimessaggio del proprio natante, e così procurando inoltre intenzionalmente con tali condotte, in violazione delle norme sopra citate nella loro qualità di pubblici ufficiali e nello svolgimento delle loro funzioni, a sé ed ad altri un illegittimo vantaggio patrimoniale con danno per la pubblica amministrazione.”.A fronte di quanto sopra la Procura regionale ha emesso l’invito a fornire deduzioni previsto dall’art. 5, comma 1° del Decreto-legge 15 novembre 1993, n.453, convertito con modificazioni nella legge 14 gennaio 1994, n.19, ritualmente notificato in data 6 agosto 2008.In particolare, secondo la Procura attrice, attraverso le descritte condotte - per le quali è condanna – il dr.@@@@@@@ @@@@@@@ avrebbe cagionato all’Amministrazione dell’Interno un danno erariale, di cui deve essere chiamato a rispondere a titolo di dolo (non necessariamente coincidente con l’illiceità penale del fatto) o comunque, nella denegata ipotesi si voglia prescindere o venga meno la responsabilità penale, di colpa grave, nei seguenti importi così quantificati dalla Procura:“a) €.1.900,00 per le danno stricto sensu patrimoniale, relativo (€.300,00) alle spese per l’indebito uso della vettura di servizio (carburante, pedaggi, etc.) nonché (€.1.600,00) all’indebito utilizzo delle energie lavorative del dipendente @@@@@@@ @@@@@@@ in mansioni esulanti da quelle di servizio per 10-15 mattinate (dunque circa 2/3 dell’energie lavorative remunerate al lordo in un mese per un orario settimanale di 36 ore settimanali).b) €.25.000,00 per i danni di immagine conseguenti al disdoro sopportato dall’Amministrazione a seguito della conoscenza da parte del pubblico dei cittadini e delle imprese (v. notizie di stampa) delle condotte ascritte al @@@@@@@ nonché del procedimento penale a suo carico e delle intervenute condanne.”Nel termine assegnato dalla Procura in detto invito, il dr.@@@@@@@ @@@@@@@ veniva sentito in audizione il 27 ottobre 2008 ed in tale sede depositava memorie e documentazione a sostegno delle proprie tesi difensive.Valutate non esaustive le argomentazioni di cui sopra è stata formalizzata la presente azione di responsabilità mediante rituale notifica dell’atto di citazione.Al riguardo il convenuto si é costituito in giudizio depositando memorie difensive (sostanzialmente analoghe a quelle depositate in sede di audizione) ed ulteriore produzione documentale in data 30 aprile 2009.In via preliminare è stata ipotizzata l’opportunità di sospendere il presente giudizio in quanto “i fatti oggetto di contestazione risultano perfettamente identici, nella loro fondante impalcatura, a quelli che hanno, dapprima, connotato le investigazioni del P.M.……”. Nel merito sono state mosse censure in ordine alla:1) prescrizione dell’azione.Nella fattispecie, non essendovi stato occultamento doloso, il dies a quo prescrizionale decorrerebbe dalla commissione del fatto per cui tutti gli episodi, ad eccezione di quello riconducibile al 25 settembre 2003, si sarebbero consumati anteriormente al quinquiennio di legge decorrente dalla notifica dell’invito a dedurre avvenuta il 6 agosto 2008.2) infondatezza dell’azione.La tesi accusatoria si fonderebbe sul “dictum giurisdizionale penale” che allo stato non risulterebbe nemmeno coperto da giudicato per cui in questa sede dovrebbero valere, secondo la parte convenuta, le stesse argomentazioni svolte nel ricorso per cassazione (per inciso tale riserva di giudicato atterrebbe al deposito delle motivazioni dato che il dispositivo è stato reso all’udienza della Suprema Corte del 15 aprile 2009).In sede di discussione orale il legale patrocinante ha ribadito la richiesta di sospensione del presente giudizio in quanto la Corte di Cassazione con sentenza ad oggi (27 maggio 2009) non ancora depositata avrebbe annullato tutti i capi della sentenza di condanna ad eccezione del capo A).Considerato altresì che il Tribunale di Livorno avrebbe escluso profili di danno per la Pubblica Amministrazione, sarebbe necessario leggere le motivazioni della Suprema Corte.Diversamente argomentando il Pubblico Ministero ha sottolineato il fatto che il fascicolo sarebbe compiutamente istruito e che, pertanto, non vi sarebbero motivi sostanziali per sospendere il presente giudizio.Al riguardo il Collegio, dopo essersi ritirato in camera di consiglio, ha rigettato l’istanza di sospensione invitando le parti a precisare le proprie richieste.Nel merito della questione i patrocinanti hanno affrontato la valenza della eccepita compensazione del danno che, secondo la difesa, conseguirebbe ai fatti di servizio oggettivamente meritori che il convenuto ha posto in essere durante la propria prestazione lavorativa.Si tratta di comportamenti professionali (di cui meglio in parte motiva) che per la Procura non possono elidere un danno erariale atteso il diverso titolo dello stesso.Analoga difformità di opinioni è stata espressa in ordine alla eccepita prescrizione fondata sulla nota questione della individuazione del dies a quo prescrizionale.Su queste premesse ed argomentazioni il giudizio è passato in decisione.Considerato in
DIRITTO
Nel merito della pretesa azionata il Collegio valuta sussistere appieno gli elementi integranti ipotesi di responsabilità amministrativo-contabile.In primo luogo non vi é dubbio che il convenuto, all’epoca dei fatti, era legato alla Amministrazione statale da un rapporto di lavoro subordinato con contestuale sottoposizione alla giurisdizione di questa Corte.Dirimente è, invece, l’individuazione della sussistenza o meno di un danno erariale azionabile secondo i principi che disciplinano ogni azione di responsabilità contabile.In via preliminare deve essere affrontata e risolta l’eccepita PRESCRIZIONE.Secondo la tesi di parte convenuta tutti i fatti sarebbero prescritti in quanto azionati solo dopo la notifica dell’invito a dedurre avvenuta il 6 agosto 2008, più esattamente residuerebbe solo il fatto (uso “privato” di autoveicolo) materialmente avvenuto il 25 settembre 2003.In realtà tutta la vicenda è stata oggetto di indagine penale per cui opera il principio ex art.1 – 2°comma della legge 20/94 secondo il quale, in caso di occultamento doloso dei fatti, la prescrizione comincia a decorrere dalla data di scoperta degli stessi. Al riguardo anche secondo la giurisprudenza più favorevole al convenuto assume rilevanza, se non il passaggio in giudicato della sentenza di condanna (cfr. Sez. App. Sicilia n. 124/A/03), quantomeno il rinvio a giudizio (cfr. Sez. I n. 377/A/05 – Sez. II n. 208/A/03), nella specie formalizzato il 6 maggio 2004, per cui la presente azione di responsabilità è stata intentata il 6 agosto 2008 e, quindi, ampiamente all’interno del quinquiennio prescrizionale. Entrando nel merito della vicenda, sotto il profilo della CONDOTTA gli eventi di causa, peraltro già vagliati dal giudice penale, pur non risultando acclarati nella loro totale ed integrale fattualità (per inciso il c.d annullamento in Cassazione dei capi E ed F della sentenza di Appello è avvenuto solo per mera prescrizione) integrano pur sempre violazioni del rapporto di servizio, sindacabili in questa sede.In effetti il Giudice penale ha pur sempre ravvisato la sussistenza di fatti (capo A della sentenza di Appello) di cui il convenuto può e deve essere chiamato a rispondere avanti questa giustizia contabile.Come è noto il concetto di responsabilità amministrativa si affianca (senza sostituirsi) alla eventuale responsabilità penale e disciplinare e, nella fattispecie, il capo A) di imputazione è stato accertato come peculato ex art.314 c.p. in primo grado (pagg. 5 e ss. della sentenza Trib. Livorno n. 358/2007) e riqualificato in abuso di ufficio ex art. 323 c.p., confermato poi sia in Appello (pagg. 10 e ss. della sentenza App. Firenze n. 1940/2008) che in Cassazione.In definitiva in sede penale è emerso l’uso di autovetture dello Stato per fini non istituzionali ed in questa sede la frequenza di tale “abuso d’ufficio”, l’esatta temporalizzazione dei fatti non riveste efficacia condizionante nei limiti adombrati dalla difesa.Ciò premesso i fatti accertati, sotto il profilo del NESSO DI CAUSALITA’ sono palesemente riconducibili al convenuto a nulla rilevando le motivazioni dei comportamenti, peraltro supportate da mere affermazioni apodittiche (delazioni da parte di dipendenti mossi da rancore verso il dr.@@@@@@@ @@@@@@@) che, in quanto tali, non possono assurgere né ad esimente né ad attenuante.Si è trattato di azioni compiute in modo reiterato con animus doloso (o quantomeno connotato da colpa grave) e con palese violazione e spregio delle norme che regolano l’utilizzazione dei beni e delle risorse della Amministrazione pubblica.In definitiva è emerso che in più occasioni il convenuto ha disposto l’uso (“abuso”) di autoveicoli della Amministrazione per il trasporto del proprio coniuge a Livorno e/o Montecatini Terme per mere incombenze personali.I testi escussi dal Giudice penale hanno confermato i fatti senza però poter individuare esattamente il periodo temporale che, nel suo complesso, abbraccia circa 20 mesi e di questo è stato chiamato a rispondere il dr.@@@@@@@ @@@@@@@.Sotto il profilo della quantificazione del DANNO la difesa ne contesta la ricostruzione operata dalla Procura.In primo luogo si deve dare atto che la Procura attrice ha rinunciato a perseguire le ipotesi delittuose che non hanno trovato riscontro nell’indagine penale (capi di imputazione a vario titolo non accolti dal giudice penale).Limitato pertanto l’arco di indagine ai soli casi di utilizzazione di automezzi per fini personali, la prima tipologia del danno azionato é quella del danno per spese dirette.Come illustrato in narrativa è stato quantificato l’importo relativo ai costi di carburante e pedaggi autostradali nonché alla quota oraria di retribuzione degli autisti impegnati nelle trasferte “illegittime”.Oltre quanto sopra la Procura ha richiesto il ristoro del c.d. danno all’immagine conseguente alla vicenda imputata al convenuto dr.@@@@@@@ @@@@@@@.Come è noto il danno all’immagine dell’Amministrazione consiste in un pregiudizio che, pur se non integra una diminuzione patrimoniale diretta, è comunque suscettibile di valutazione patrimoniale, in quanto dal comportamento del convenuto è derivata la lesione di un bene giuridicamente rilevante.Il danno all’immagine, come anche ribadito dalle Sezioni Riunite della Corte dei Conti con sentenza n. 10/QM/2003, è risarcibile indipendentemente dalle spese per il ripristino del bene giuridico leso e può essere liquidato con valutazione equitativa ai sensi dell’art. 1226 Cod. civ., anche sulla base di prove presuntive ed indiziarie.Al riguardo si richiamano i contenuti, oltre che della giurisprudenza di questa Sezione (nn.514/08, 596/08, 597/08, 249/09), delle recenti pronunce rese dalle Sezioni centrali di Appello (Sez.I n.209 del 9 maggio 2008 – Sez.II n.106 del 31 marzo 2008 – Sez.III n.73 del 26 marzo 2007 – Sez.Sicilia n.174 del 29 aprile 2008).Nella fattispecie l’illecita attività del convenuto è incontestabile, inequivocabilmente contraria ai propri doveri d’ufficio ed è atta a diffondere nella opinione pubblica un senso di sfiducia nell’azione del pubblico dipendente. Per tale fattispecie, modulata sulla rilevanza ed autorità della veste pubblica ricoperta dal convenuto (Prefetto della Repubblica), il Collegio reputa intervenuta la compromissione della immagine dell'Amministrazione che, indipendentemente dalla rilevanza e dalla quantificazione delle spese occorrenti per il ripristino della stessa, ha subito effettive ripercussioni negative prodotte dalla diffusione della notizia dell'evento delittuoso e dannoso, quantomeno sulla collettività locale.L'immaginario collettivo, ovvero la capacità percettiva della comunità civica, viene a prendere consapevolezza che il fatto lesivo non solo si è perpetrato in danno della Pubblica Amministrazione ma che lo stesso è stato favorito decisamente, nella sua realizzazione, proprio da una condotta proveniente da soggetti preposti ad organi e/o uffici della stessa Amministrazione.Per quanto sopra in ordine alla quantificazione, in primo luogo, è da respingere l’eccepita COMPENSAZIONE per cui in questa sede (secondo la tesi difensiva) si dovrebbe tener conto di fatti per i quali il convenuto (cfr. memoriale depositato in sede di audizione personale) avrebbe reso alla Amministrazione utilità economicamente valutabili.Si tratta (tra gli altri) di interventi sul territorio di protezione civile, di emergenza rifiuti, di emergenza idrica, di recupero ambientale e turistico.Senza nulla togliere alla bontà delle iniziative portate a termine dal convenuto, il Collegio valuta le stesse rientranti nell’assolvimento dei particolari e specifici doveri connessi alla funzione svolta da un Prefetto di prima classe.In altri termini il concetto di compensazione introdotto dall’art.1, comma 1-bis, della legge 20/94 postula identità di causa, circostanza questa non rinvenibile nel curriculum professionale del convenuto (peraltro solo affermato e non documentato).Alla luce di quanto sopra il Collegio ritiene di dover agire in via equitativa per cui le incertezze sul numero esatto degli episodi contestati necessariamente portano ad un addebito, per danno diretto, ridotto rispetto a quanto reclamato dalla Procura attrice.Parimenti in tema di danno all’immagine, valutata e riscontrata la diffusione della notizia sugli organi di stampa e di informazione come caratterizzata da un indice di attenzione oggettivamente importante ma tuttavia “mitigato” dalla ridotta estensione dell'amplificazione della stessa in quanto limitata ad un contesto territoriale (cfr. allegato n.23 della nota di deposito n.1 del 23 dicembre 2008), questo Collegio ritiene corretta la riduzione, nel suo complesso, del danno erariale globalmente reclamato ad euro 20.000,00 (ventimila/00).Alla condanna consegue l'obbligo del pagamento delle spese processuali.
PER QUESTI MOTIVI

la Sezione giurisdizionale della Regione Toscana della Corte dei conti, definitivamente pronunciando in parziale conformità delle conclusioni del pubblico ministero, condanna il convenuto dr.@@@@@@@ @@@@@@@ al pagamento dell’importo omnicomprensivo di €.20.000,00 (ventimila/00), somme tutte a favore dell’Amministrazione dell’Interno.Su dette somme dovranno essere corrisposti gli interessi legali dal deposito della presente sentenza fino all'integrale soddisfo.Segue il pagamento delle spese processuali che, fino alla presente decisione, sono liquidate in Euro 276,27.= (Euro duecentosettantasei/27.=)Manda alla Segreteria le comunicazioni e le notificazioni di rito Così deciso in Firenze, nella camera di consiglio del 27 maggio 2009.
Depositata in Segreteria il 3 AGOSTO 2009

sabato 9 gennaio 2010

AUGURI DI BUON ANNO 2010


Riprendiamo.
Un blog non aggiornato, non è un blog. Certo, la regola principe e sempre la stessa: quando non si ha nulla da dire è preferibile tacere. Ma, siccome mi piacerebbe che questo spazio rappresentasse un po’ il monitor dei battiti cardiaci di questa Sezione FICIESSE Roma-Anagnina, con l’inizio del 2010, vorrei provare a riaccendere l’interruttore, vediamo se funziona. Grazie e buon anno a tutti.